Grillo cade nella trappola: “Non vinciamo, hanno comprato i voti!”

Il comico genovese cede alla logica del sospetto

Il movimento cinque stelle è una realtà della politica italiana, se così non fosse non si troverebbe in lizza nei ballottaggi di domenica prossima. I suoi militanti esprimono un dissenso che si può ritrovare in ampi strati della popolazione, ormai scevra da condizionamenti ideologici e partitici.

Il comizio di Budrio si rivela, ancora una volta, un esempio di politica degna degli strilloni che vendevano il quotidiano ai semafori, fino a non molto tempo fa. Caro Beppe, non ci siamo: serve più pacatezza persino nei commenti, quando ci si appresta a rivestire il ruolo dell’opinion leader della maggioranza degli italiani.

Il sospetto anima le parole del comico genovese che, per evitare cocenti delusioni (che potrebbero esserci, perché la politica è fatta così) passa avanti e crea un alibi alla possibile sconfitta del M5S nei ballottaggi di domani, pilotati dal PD, secondo il parere espresso dal leader del popolo grillino. Non è proprio una figura da capopopolo, quella di chi si è già dato per spacciato e prova a puntare l’indice verso chi può vantare un maggiore radicamento nel territorio ed anni di amministrazione già svolti a diversi livelli dell’amministrazione.

Un’altra pericolosa autorete, dopo l’assurda richiesta imposta ai membri del M5S, ai quali ha di fatto proibito la presenza ai talk show a pena di espulsione dal movimento. Siffatta scelta piuttosto antidemocratica è tipica di chi è poco pratico del dibattito e delle dinamiche della politica, e cerca di basare il consenso sulla propria persona  (Grillo è un maestro, un vero mattatore sul palcoscenico: ma l’agone politico è ben altro scenario) e su quello che può essere il comune sentire del popolo (una volta) sovrano. Parla bene sulle centinaia di migliaia di euro sprecati in consulenze esterne (tipica modalità utilizzata da tempo immemore dagli alchimisti della politica) ma si perde tirando fuori questa assurda congettura complottista degna di un b-movie anni ’70.

Grillo non può e non deve catalizzare l’interesse unicamente sulla propria figura di urlatore: se ha qualche prova dell’asservimento delle cooperative agli interessi del PD, parli pure. Altrimenti non speri di racimolare preferenze recitando il ruolo del povero leader di partito defenestrato dai poteri forti, che non auspicano un’inversione di rotta nella tendenza del nostro paese.

Non sono certo piagnistei che possono contribuire ad un successo elettorale. La nuova classe dirigente, o aspirante tale, deve offrire persone in grado di poter dialogare ad ogni livello, dotate di argomenti che possano mettere in difficoltà qualsiasi interlocutore. E deve vincere le elezioni perché in grado di parlare di programmi, perché può dimostrare di riuscire a concretizzare quello che promette.

Fino ad allora, certi discorsi li lasciamo volentieri ai luoghi comuni e alle dietrologie: proprio quelle cose che non contribuiranno a guarire l’Italia dalla disaffezione alla politica